Leonardo

Fascicolo 7


O il cattolicismo o la morte
di Outis (Henri Des Pruraux)
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Io non credo a una durata indefinita dell'arte: sarà stata una fase dell'umanità, l'epoca estetica. Soltanto dell'ultima venuta delle arti, della musica, mi sembra difficile concepire la scomparsa totale, ma è probabile che l'arte dei suoni si ridurrà all'espressione della sensualità più bassa, cadrà al livello della profumeria (l'arte futura) e della culinaria. L'arte maggiore, l'Architettura, è di già morta. Arte essenzialmente collettiva non poteva coesistere coll'individualismo attuale. So bene che si mostra una vaga reazione contro questo individualismo ma in un senso talmente avverso a ogni ideale che mi sembra impossibile possa resultarne una risurrezione, dell'Architettura. Che posto potrebbe avere l'architettura religiosa in un mondo sempre più ateo? L'Architettura militare? La guerra moderna non l'ammette più e d'altra parte non si vuole abolir la guerra?
   Resterebbe l'architettura civile, ma le idee di comodità, d'igiene, di poca spesa prendono sempre più il posto dell'idea di bellezza. S'è voluto conciliarli e i saggi disastrosi di questo tentativo si vedono soprattutto a Parigi. Un'opera d'arte è essenzialmente inutile, come opera d'arte. Un'opera utile non può esser bella che in grazia della perfetta innocenza estetica dell'autore.
   Resterebbe anche la scultura. Certamente, ancora per qualche tempo, si erigeranno sulle piazze pubbliche dei signori in soprabito o in giacchetta, con o senza cappello, ed è un peccato che non si sia ancora usato il cappello a cilindro.
   Siccome il militarismo sta morendo anche il cavallo sparirà e cosi ci sarà più risparmio.
   Finalmente, ancora per qualche tempo, si potrà veder sorgere qualche inventore di pali per il telegrafo senza fili e qualche inventore di sieri per la sifilide, e nelle città rimaste ancora un po' cattoliche si metteranno forse delle femmine nude per scandalizzare le ultime devote, e i signori protestanti, considerata la lodevole intenzione, non ci avranno niente da ridire. Io veggo i disgraziati scultori sforzarsi a suscitar l'entusiasmo leggendo la biografia dell'agronomo P. Vagner (?) e invece di Afrodite, di Artemide, della Vergine, della Maddalena e di tante altre belle sante, occuparsi di igiene, d'elettricità (con o senza fili) e di suffragio universale.
   Quanto alla pittura le fotografie in colori e le carte geografiche basteranno per coprire le pareti delle Case del Popolo, e delle Camere di Lavoro, in una umanità sempre più bisognosa di nozioni pratiche. Il mirabile Puvis de Chavannes della Sorbona à un anacronismo. A che serve quel capolavoro in una sala sempre chiusa che non si apre che per delle distribuzioni di premi? Abbandonata la cultura classica i quadri di nudo non saranno che delle indecenze e già si dura fatica a sopportarli in America. Il Cattolicismo che muore, il socialismo che s'impone, è la fine dell'arte. Cosa potrebbe esser l'arte senza religione, senza patriottismo, senza aristocrazia? Ma l'arte morente ha un incanto maggiore per i suoi ultimi fedeli.
   Possano gli artisti non soffocare la sua agonia, credendo di non attaccar che il passato!

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   Si può sperare un'ultima rinascenza? Si, forse, aggrappandosi al cattolicismo. Voi vi chiamate pani: abbiate dunque il coraggio di dirvi cattolici. Andrete a offrire a Zeus un'ecatombe o due colombe ad Afrodite? È più semplice andare alla messa e il gesto, in fondo, è lo stesso. Ma, direte voi, liberato dalle cerimonie assurde (ma belle e misteriose) il nostro panesimo è, come quello di Platone, l'adorazione delle forze della natura. — E perchè il cattolicismo non potrebbe esser così? Qual panteista è stato più sensibile di S. Francesco alla bellezza delle cose? — Ma noi non crediamo in Dio — E che ne sapete? E cos'è Dio? Il tanto commemorato signor Zola lo sapeva, lui che alla fine della sua troppo laboriosa esistenza, adorava come tale un certo capitano d'artiglieria (vedi la sua lettera alla moglie del suddetto). Si ha il Dio che si merita.
   Voi non potete credere? — E chi vi obbliga? Sappiate mentire. E ciò non è neppur necessario, uomini virtuosi e morali, buoni cristiani che siete! Nietzsche non ha messo la veridicità tra le prime virtù dello schiavo? La sincerità non è dunque necessaria s'è al disopra delle vostre forze. Ma ciò ch'è necessario è di non dar dei calci neI ventre di vostra madre. E la madre vostra è la Chiesa Cattolica Romana, non Apostolica e neppur Cristiana se ci tenete, ma Cattolica, anche se non lo volete, e Romana, e come tale figlia d'Atene e non dì quella sterile Gerusalemme ch'essa ha tratto dal nulla.
   Del Cristianesimo, l'ambiente greco - latino ha fatto il Cattolicismo, religione politeista, amante della pompa e del mistero, vero adattamento ai costumi moderni dell'antico panesimo. La troppa grande evidenza di questo ritorno al panesimo è quella che ha fatto nascer la Riforma. In nome della verità e della morale, un frate grossolano insorse contro l'arte, contro la bellezza, contro la vita, e trionfò fra i barbari, fra i ciechi, nei paesi senza sole e senza arte. La gran disgrazia è che la Chiesa ha dovuto combattere l'avversario sul suo terreno, farsi anch'essa sobria e timorata, e i nudi di Michelangiolo sono stati provvisti di mutande. Mentre innanzi era solo preoccupata dalla sua gloria, ha dovuto pensare alla sua sicurezza e così ha avuto fine la grande architettura: la prodiga ha dovuto calcolare. Ma essa era ancora robusta e ricca e i paesi dell'Arte le restaron fedeli, da Trieste a Lisbona, da Palermo all'Aja (Rembrandt, come Shakespeare, era cattolico).
   Che belle messi abbiamo ancora raccolto! Ma ora.... Non verrà dunque mai il Savonarola esteta, il Lutero a rovescio che riporti la Chiesa alla vera tradizione, che protesti contro il protestantismo; l'apostolo della feconda e gloriosa menzogna contro questo nulla che si chiama verità? E notate che dicendo menzogna io faccio la peggiore ipotesi, ch'io non son nè teologo nè ideologo per discutere la parte più o meno grande di verità che c'è in quella o questa dottrina. Tanto più che per me tutte le credenze, anche quelle matematiche, non sono che superstizioni.

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   L'uomo è una bestia: ecco il risultato trionfale a cui son giunti i signori scienziati. Sia: e dopo?
   L'uomo è una bestia: ecco il primo dogma della religione prossima, la «religione della scienza», quella che dovrà esaltare gli artisti futuri. Poichè ci vuole una religione e senza di lei non c'è arte: tutti i capolavori sono opere religiose. Ora, per noi occidentali, non c'è che una religione possibile, quella ch'è stata sempre la nostra, il panesimo, e il panesimo sotto la forma moderna che è il cattolicismo.
   Il monoteismo protestante, senza misteri, senza simboli e senza riti non è che una morale e non ha avuto nè avrà mai un'arte. Alcuni hanno voluto fare una religione del patriottismo, ma il patriottismo è necessariamente militare e l'esercito è assalito, come la Chiesa, dai nemici delle nobili cose. La nausea ha fatto sparir presto le altre nuove religioni: religione del dolore umano, della giustizia, della verità: altrettanti emetici. Eppure ci vuole una religione per arte, una religione precisa, concreta, ricca di simboli, di tradizioni e di leggende. Ora la mitologia cattolica vale la pana e non l'esclude: dove ha trovato migliore accoglienza l'arte classica se non al Vaticano?


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Invece a Parigi abbiamo la lega contro la licenza, in Germania la legge Heinze, in America si parla di bruciare le povere nudità di Bouguereau.... La Chiesa, al contrario, non ha mai bruciato un sol quadro, anzi ha fatto ardere l'incendiatore di quadri, Girolamo Savonarola. Se ha finto dopo di adottarlo è stato per impedire ai protestanti di farsene uno strumento contro di lei. Bruciare prima e beatificar dopo, non è un grazioso tiro fatto alla logica? La Chiesa non ha aspettato M. Boutroux per sapersi servir della logica senza farsene schiava. Molto tempo fa, sulla faccia incartapecorita della vecchia signora Tertulliano appiccicò uno schiaffo sonoro: «Credo quia absurdum», e allora M. Boutroux non era che vagamente sparso nel futuro. Quei vizi contro natura che sono la moralità eccessiva e la logica pedantesca bisogna lasciarli al protestantismo.
   Non è forse in nome della morale, della logica, della scienza che s'è attaccato la Chiesa? La Chiesa manteneva l'ignoranza nelle masse, la Massoneria invece le ha inondate di lumi. Davvero? La cosa è tanto idiota che c'è un po' dì vergogna a discuterla.
   Che cosa sanno di più i contadini e gli operai d'oggi di quelli passati? Ce n'è un maggior numero che sa leggere, ma il leggere è un mezzo ed essi, quando l'adoprano, se ne servono per assaporare i fatti diversi e i romanzi d'appendice, e pano tasse pesanti perchè sia riserbata anche ai loro figli una tal felicità. Nelle città fanno della politica e riformano la società tra due bicchierini. Alcuni si elevano fino alla cultura di un borghese medio, e sanno ch'è la terra che gira e non il sole, e non ne sono neppur sicuri (io neppure). Fra poco, poichè si tratta di scienza recente, sapranno che son delle bestie. Anticamente credevano esser degli uomini ed erano veramente degli uomini: allora gli operai erano veramente degli artisti, mentre ora non sono che i servitori delle macchine.
   I contadini avevano un'anima ed hanno ancora un'anima, ad esempio, nel vostro Abruzzo e nella nostra Brettagna, in tutti i paesi restati cattolici. Per essi la natura è ancora viva; credono, amano, sperano, la loro religione si complica con un panesimo ingenuo e piacevole, hanno i loro pellegrinaggi, le loro feste tutte religiose, e il demonio non ci perde niente. Infine il loro ideate non è l' osteria, il 3-8 e la scienza popolare. Laggiù, e soltanto laggiù, si può trovare ancora qualche vestigio di queste arti familiari, domestiche, che sono qualcosa di ben diverso, se Dio vuole, da quei ghirigori di maestro di calligrafia che si chiamano modern style. Là soltanto i vestiti sono ancora un adornamento, là soltanto i contadini e gli operai non appaion vestiti con gli spogli di un borghese, trascinati nel fango.
   Così ío sono stato molto sorpreso leggendo, in queste stesse pagine, con la firma di un artista eminente, delle parole sprezzanti sui pellegrini di Loreto. Povera gente, che venite cosi di lontano, condotti e sostenuti da un ideale, a piedi, pei sentieri di montagna e per le strade polverose e fangose, voi siete meno profumati di quelle signore della finanza che corrono, nelle belle carrozze, verso qualche suntuosa mangiata! E nonostante voi avete il diritto di star là, in quel tempio edificato da' vostri antichi, arricchito dalle vostre povere offerte, in mezzo a quell'opere, espressioni della vostra fede e del vostro amore, là, in quel tempio, che non sarebbe senza di voi, che sarà morto quando voi non sarete più. E non siete voi i responsabili dei Maccari.
   Bisogna proprio desiderare le chiese trasformate in musei, fornite di cancelli e di guardiani, in preda ai soli discepoli di Baedeker? Le profanazioni sul genere di quelle della scuola di San Rocco, della Madonna dell'Arena, del convento di S. Marco non sono abbastanza numerose? Angelo Conti non ha chiamato giustamente i musei, delle prigioni o dei cimiteri di capolavori? Questi pellegrini, queste anime ingenue e cuori ardenti, non sono un pubblico simile a quello per il quale Giotto e i maestri di Siena e di Firenze hanno coperto i muri colle meraviglie di S. Francesco?
   S'è detto: la diffusione d'una certa cultura ha preparato all'opera d'arte un pubblico più abbondante e più adatto. Errore: l'opera d'arte non si rivolge nello stesso modo a tutti i pubblici. Se si rivolge tanto all'intelligenza che alla sensibilità degli artisti e degli uomini di alta cultura, non si rivolge che alla sola sensibilità della folla. Ora la folla non è più animata da nessun gran sentimento, neppure da una sensualità un pò nobile. L'ultimo bottegaio va alle esposizioni per giudicare e se lo conducete davanti al Giotto d'Assisi vi cercherà degli errori di disegno. Il gran pubblico del passato io l'ho visto, una dozzina d'anni fa, nobilmente, sublimemente ridicolo. Fu presso un mercante di quadri, dinanzi a una tela enorme di Munckacsy che figurava il calvario. Due monache, condotte là da una signora, s'inginocchiarono e pregarono. Ecco il pubblico d'altri tempi, avanti la diffusione della cultura, il pubblico degno di Giotto e dell'Angelico. Per il pubblico d'oggi ci vuole l'aneddoto lacrimoso, la farsa grossolana e le stupidaggini equivoche, con una apparenza di virtuosità tradizionale.
   Non si dovrebbe pertanto dimenticare che, fin dalla Rinascenza, il panesimo dell'alto aveva per base solida la fede profonda delle masse, che senza questa religione del popolo la grande fioritura cattolico-pana sarebbe stata impossibile, che durante ciò che si ha la bontà di chiamare la notte del medioevo, sono state le masse credenti che hanno coperto il suolo del nostro occidente di tanti mirabili monumenti, e che infine queste chiese e questi conventi sono stati i soli musei e le sole scuole ove si son formate le grandi generazioni d'artisti. Aspettiamo che le stazioni delle ferrovie, i caffè, le Camere di Lavoro, i teatri (queste chiese moderne) ne formino delle simili.
   Che lo vogliate o no, o artisti e poeti, voi siete. come i monaci e i soldati, uomini del passato. Gli uomini di domani, i veri giovani, eccoli: il «compno» delle camere di lavoro, il deputato anti¬militarista e anticlericale, lo scienziato collezionista di piccoli fatti e inventore di orribili macchine.
   Essi non han bisogno di voi per abbattere questo edificio che vi ricovera e del quale potete ancora ornare le mura tremanti. Volete affrettare la sua distruzione o non dovete piuttosto difenderlo e tentare di crederlo eterno?
   Intendiamoci bene: come dicendo «bella menzogna» io non ho inteso contestare al punto di vista della verità la dottrina della Chiesa, così io non vi chiedo di convertirvi a questa dottrina. Io non considero, lo ripeto ancora una volta, il Cattolicismo che al punto di vista dell'arte e come continuazione e ultima forma del panesimo. Ad Alessandria, nel secolo III, io sarei stato con Ipazia contro San Clemente, che doveva essere, suppongo, una specie di idealista socialista, uso Tolstoi.
   Io so che la fede non è necessaria per produrre dei capolavori, anche d'arte religiosa. Io non credo a quel che il Vasari narra dell'empietà di Giotto, ma il nostro Eugenio Delacroix che nel suo diario si rivela uno scettico assoluto, non pertanto ha creato dei prodigi d'arte religiosa. D'altra parte senza risalire all'Angelico e al celestiale Ansano di Pietro, senza ricordare, tra' vivi, Paul Borel e Maurice Denis, io potrei citare certi artisti di quella scuola d'Ingres, alla quale si comincia a render giustizia, e che si sono elevati grazie alla sincerità e all'ardore della loro fede, molto in alto con mezzi poverissimi. Parlo di Janmont, di Orsel e d'altri ancora. Nello stesso tempo, l'anticlericalismo produsse il bizzarro fenomeno di un uomo, mirabilmente dotato, d'un gran pittore, Gustave Courbet, che non ha lasciato che brutti quadri, alcuni de' quali come «Le retour de la conférence» sono di una bruttezza e di una stupidaggine spaventosa.
   A voi lascio concludere: se mi son permesso di richiamare la vostra attenzione su un certo ordine di fatti, so molto bene che non ho nè l'ingegno nè l'autorità necessaria per tracciarvi il cammino. E d'altra parte non possiamo conservare molte illusioni. Aiutati, dall'ebetudine, dalla vigliaccheria e avarizia de' ricchi, dall'accecamento del clero e dall'incoscienza degli artisti e de' pensatori, i socialisti finiranno un giorno per render reale il loro ideale disgustoso. Allora tutti gli uomini veramente eguali, si ciberanno alla stessa greppia, saranno costretti alle stesse funzioni, e non avranno altro gusto che quello della più bassa politica. Saranno così degli autentici animali, finchè qualche buon chimico nihilista, finalmente nauseato, non trovi il mezzo di purgarne la faccia della terra. Sarà, dopo tanto, il primo benefizio della Scienza!

Pubblichiamo volentieri questa arguta sfuriata di un valente artista francese, per quanto non siamo del tutto d'accordo con lui nella possibilità di un prolungamento artificiale della vecchia civiltà. Forse chi fra noi rappresenta la corrente del panesimo schietto risponderà, nel prossimo numero, alle vivaci esortazioni di questo ingegnoso apologista dell'estetismo cattolico.
(N. d. D.)


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